Luigino Bruni - L'arte frattale di Jeannette Rütsche - Sperya

Jeannette Rütsche - Sperya
The fractal self-development of Jeannette Rütsche - Sperya


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Luigino Bruni

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Luigino Bruni



Insegna Economia politica presso la Facoltà di Economia dell'Università di Milano-Bicocca; si occupa di economia sociale, di storia del pensiero economico ed Economia di Comunione.



SMITH, COOPERATION WITHOUT BENEVOLENCE
Estratto da
Bruni L. (2006). Reciprocità. Milano: Bruno Mondadori



(pagg. 35-36)

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Non è dalla benevolenza del macellaio, o da quella del birraio o del fornaio che noi ci attendiamo il nostro pranzo, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Ci rivolgiamo non al loro senso di umanità ma al loro interesse, e non parliamo mai loro delle nostre necessità ma dei loro vantaggi. (Smith 1776)
..... L'intento di Smith non è di enfatizzare il ruolo dell'interesse personale ....., nè, tanto meno, di stigmatizzare l'egoismo dei mercanti inglesi. Il suo scopo è invece un altro: sottolineare l'indipendenza dagli altri e l'anonimità quali virtù associate allo sviluppo del mercato. Le relazioni di mercato ci permettono di soddisfare i nostri bisogni economici senza dover dipendere dagli altri, con maggior dignità rispetto ad altre forme di organizzazione sociale, in particolare rispetto alla società feudale, caratterizzata da pochi benefattori e da molti "dipendenti" dalle loro beneficienze.
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LA RECIPROCITA'-PHILIA
Estratto da
Bruni L. (2006). Reciprocità. Milano: Bruno Mondadori



(pagg. 76, 78-80)
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Ho scelto l'amicizia (philïa) come paradigma di riferimento per questa seconda forma di reciprocità, che è la forma di reciprocità cui comunemente si fa riferimento nelle scienze sociali (nella sociologia soprattutto) quando si parla di reciprocità. .....
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Non-transitività (o elettività): l'amico sceglie il proprio amico, e viceversa. L'amicizia, quindi, non gode della proprietà transitiva: se X è amico di Y, e Y di Z, queste relazioni non comportano necessariamente che X sia amico di Z. Neanche la "reciprocità cauta" gode della transitività (a meno che X, Y e Z non siano partner dello stesso contratto). L'amicizia è dunque elettiva, non universalistica. Per questo, secondo Aristotele, "non è possibile essere amico di molte persone".
Condizionalità: ..... Questa reciprocità, quindi, non è quella interamente condizionale del contratto ma, al tempo stesso, richiede la risposta dell'altro. E' una reciprocità che fa il primo passo, che compie un atto di fiducia ex ante, e che è capace di perdonare, ma per la continuazione del rapporto di reciprocità nel tempo è necessaria la risposta dell'altro.
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La disposizione: ..... In termini concreti, in un rapporto improntato alla philïa (dall'amicizia in senso stretto alla dinamica all'interno di un team di lavoro), non si calcolano costi e benefici del singolo atto, si soprassiede anche davanti a comportamenti scorretti, si è disposti a perdonare: l'amicizia però si interrompe quando nella controparte vediamo cessare la disposizione ..... a voler essere nostro amico, a voler cioè continuare il rapporto di amicizia ..... Il comportamento cooperativo, la disponibilità al perdono, si interrompono quando abbiamo buoni motivi per pensare che l'altro non abbia più la disposizione per l'amicizia con noi, una disposizione che deve poi essere credibile e manifestata nel comportamento reciprocante.
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(pagg. 84-86)
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Un'interessante variante di T è la strategia T1, che si presta ancor meglio a descrivere la reciprocità-amicizia. Per capire dove sia la variante rispetto a T, occorre ipotizzare che i soggetti possano commettere errori: un giocatore X che segue una strategia T, a un certo round (i) del gioco può commettere un errore (intenzionalmente o no), e quindi rispondere con una defezione a un atto di cooperazione. Se Y è anch'egli un T, davanti alla non cooperazione (per errore) di X risponderà, nel round i+1, con un atto di non cooperazione; nel round i+2, anche Y non coopererà, e così il rapporto si assesta sulla non-cooperazione. La strategia T1, invece, contempla la possibilità di perdono: Y, per interrompere la catena di non-cooperazioni dovute all'errore di X, decide di cooperare nuovamente al round i+2. T1, quindi, fa un atto di fiducia verso il suo partner, se gli riconosce una disposizione per la cooperazione anche se ogni tanto può sbagliare nel singolo atto. T1 perdona sulla base della fiducia che l'altro sia disposto a ricominciare a cooperare dopo l'errore fatto. T1 è dunque una T più la possibilità di perdono.
Per l'essenziale ruolo che nella philïa svolge la disposizione, la strategia T1 ha bisogno di un ulteriore requisito perchè possa diventare una convenzione (e cioè una strategia di equilibrio): la riparazione del danno che l'atto di non-cooperazione ha procurato all'altro (Sudgen 2004). Nel turno successivo a quello nel quale X ha commesso un errore, Y chiede un indennizzo per la perdita che ha subito (e come garanzia che la disposizione alla cooperazione è ancora presente, nonostante l'errore), che consiste nel far giocare uno (o più) round dove X coopera e Y non coopera ..... Accettare di riparare il danno procurato all'altro assume, quindi, il significato non di una sanzione contrattuale (nell'amicizia non c'è infatti enforcement), ma di un segnale di disposizione per quel particolare rapporto di amicizia.
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(pag. 87)
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La philïa è generalmente uno stato desiderabile della convivenza civile, ma non è un buono strumento per costruire una buona società: infatti la logica dell'amicizia, per la sua costitutiva caratteristica di "elettività", non è adatta a far partire un processo di reciprocità in contesti nei quali sono presenti soggetti che ancora non sono inseriti nella dinamica della reciprocità, che quindi non sono già amici, ma sarebbero disposti a cooperare se "attivati" (i nostri C).
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LA RECIPROCITA' INCONDIZIONALE
Estratto da
Bruni L. (2006). Reciprocità. Milano: Bruno Mondadori



(pagg. 91-93)
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..... introduciamo una terza forma di reciprocità, che chiamiamo incondizionale o, come vedremo, gratuita. .....
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..... l'artista con "vocazione" agisce per motivazione intrinseca e non condiziona la sua attività al consenso e alla risposta degli altri, ma nessuno come l'artista ha bisogno della reciprocità (del pubblico, dei colleghi, dei critici...) per essere pienamente soddisfatto del suo lavoro.
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..... l'azione che non è condizionata dall'azione degli altri è più libera di quella condizionale. La libertà che nasce dall'obbedienza a una convinzione interiore, che è espressione di una motivazione intrinseca, è forse la libertà più alta che possiamo immaginare. Per questo la gratuità è libera, e, forse, solo la gratuità è veramente libera. Inoltre, se l'atto gratuito non nascesse da un atto di libertà interiore, la gratuità si trasformerebbe radicalmente nel suo opposto.
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(pagg. 97-99)

..... è mosso da una logica di reciprocità gratuita chi agisce indipendentemente dalle scelte degli altri, ma la cui felicità (utilità, nell'impoverito linguaggio dell'economia tradizionale) dipende anche dalla presenza o dall'assenza della risposta (o non risposta) reciprocante. Un soggetto che segue una tale logica non è dunque una monade che rimane imperturbata e indifferente di fronte alla risposta degli altri; resta una realtà profondamente relazionale, sebbene non condizioni alcune sue azioni alla risposta degli altri perchè attribuisce a quei comportamenti un valore intrinseco.
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Questo tipo di persona ..... quando segue questa logica è consapevole che la sua azione è pienamente efficace solo se anche gli altri si comportano allo stesso modo (se reciprocano), ma, grazie alla presenza della ricompensa intrinseca, non condiziona la scelta di quel comportamento a quello degli altri. La gratuità, quindi, sta nel rischiare un pay-off minore se l'altro non risponde e nel continuare a fare la propria parte anche quando gli altri non la fanno (e magari lo sfruttano).
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(pag. 111)
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..... In un mondo eterogeneo, dove esistono anche strategie di non-reciprocità, l'etica delle virtù (e delle motivazioni intrinseche) va tenuta assieme all'etica della responsabilità e della prudenza circa i risultati individuali e sociali delle proprie azioni, se si vuole costruire una convivenza davvero civile e duratura. La soddisfazione interiore, sebbene importante nel breve periodo, non è sufficiente perchè la reciprocità possa mantenersi nel tempo, e magari darle troppo peso nelle scelte concrete può avere effetti collaterali anche deleteri per la convivenza civile. Nonostante ciò, comunque, se per non correre i rischi della incondizionalità si estinguesse - nelle persone o nelle comunità - la terza forma di reciprocità la vita sarebbe molto più povera e, credo, invivibile. Tutto il discorso che segue si muove tra questi due poli: la terza forma di reciprocità è anche quella che può produrre i danni civili maggiori, ma è anche e soprattutto quella che dà sapore e qualità alla convivenza civile, che risveglia reciprocità sopite e inutilizzate, che sblocca situazioni di stallo, che include nella dinamica civile gli esclusi e li può trasformare in costruttori di reciprocità.


LA RECIPROCITA' E' UNA, MA LE RECIPROCITA' SONO MOLTE
Estratto da
Bruni L. (2006). Reciprocità. Milano: Bruno Mondadori



(pagg. 178)
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L'arte ha un estremo bisogno di reciprocità gratuita: l'arte più alta è infatti essenzialmente una faccenda di gratuità: "Un'opera d'arte può esistere senza mercato, ma non c'è arte senza gratuità" (Hyde 2005).
Ci sono artisti che rifiutano di "scendere a compromessi" con il mercato, perchè non accettano che l'opera d'arte, espressione di gratuità, sia contaminata dal mercato e diventi una semplice merce. L'artista che opera in questo modo si rappresenta il mondo a sole due dimensioni: da una parte la gratuità, e il mercato "senza gratuità" regno del solo interesse, dall'altra. L'esito di questa dinamica è rappresentabile da un confronto tra la non-cooperazione (N) e la reciprocità incondizionale (G): la gratuità tende a ridursi. Se invece l'artista "immagina" un mondo a tre o quattro dimensioni, con più possibilità di rapporti con il mercato (un secondo lavoro, per esempio), e sa intravedere forme intermedie di relazioni con la società civile (nel nostro linguaggio, le strategie B e C), l'artista può coltivare davvero la gratuità della sua arte, perchè la reciprocità condizionale lo può liberare dalla dipendenza da "benefattori" o da "padroni" che sfruttano il suo talento a mero scopo di lucro, una liberazione che rende possibile la gratuità autentica. .....
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(pagg. 186)
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..... le esperienze concrete di microcredito, dagli antichi Monti alla Grameen Bank, sono una felice combinazione di condizionalità e incondizionalità: utilizzano contratti, sono prestiti non regali o elemosine, ma lo strumento contrattuale è attivato all'interno di un rapporto di fiducia che dà spazio alla gratuità. Il microcredito mostra che in molti contesti un prestito (condizionale) è più efficace, nei termini di tutte le reciprocità, di un regalo incondizionale (come erano stati concepiti i primi aiuti allo sviluppo, sia privati sia pubblici). E' questo un messaggio importante per chi vuole affrontare con successo situazioni di miseria e di sottosviluppo: chi guarda con disprezzo la condizionalità e i contratti, in nome della maggiore dignità umana e ricchezza antropologica del dono incondizionale, spesso può diventare involontario nemico del reale sviluppo umano, che si misura soprattutto con il metro della reciprocità e della fraternità.


GRATUITA', MOTIVAZIONI INTRINSECHE E INCENTIVI
Estratto da
Bruni L. (2006). Il prezzo della gratuità. Roma: Città Nuova Editrice



(pag. 52)
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Dobbiamo sempre tener presente l'antica verità che ci sono cose importanti nella vita che non transitano per il mercato perchè se vi transitassero ne uscirebbero impoverite e snaturate: per salvarle occorre attribuire loro un alto valore, ma stare molto attenti con i... prezzi! Personalmente sono convinto che il lavoro umano si presta bene a questo tipo di analisi: dalla mia prospettiva, qualunque salario o stipendio dovrebbe essere considerato un "rimborso spese" o un dono, poichè se interpreto il denaro che ricevo come il valore di quanto faccio in una impresa dove do tutto me stesso per anni, il valore della mia vita ne risulta infinitamente ridotto. Si capisce quindi l'intuizione di Marx e di tanti critici del capitalismo circa lo sfruttamento: se interpreto lo stipendio come la remunerazione di ciò che fai, ti pagherò sempre troppo poco, e ci sarà sempre un plusvalore nell'attività lavorativa che non viene remunerato. .....


IL PRIMATO DEL PRINCIPIO DI RECIPROCITA'
Estratto da
Bruni L. (2006). Il prezzo della gratuità. Roma: Città Nuova Editrice



(pagg. 66-67)
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..... Voler porre la comunione al cuore della vita economica e dell'impresa, significa affermare che il principio di gratuità è il principio fondativo di ogni rapporto umano: l'autorità e il governo poggiano su di esso e da esso prendono la legittimazione. Dire questo non significa negare l'esistenza e l'importanza dell'autorità, soprattutto nei momenti in cui si sperimentano conflitti d'interesse; significa però riconoscere che prima siamo persone, e quindi uguali in dignità, e dopo, ad un secondo livello, abbiamo funzioni e compiti, e quindi responsabilità, diversi.
..... Nessuna organizzazione può funzionare senza un principio e una pratica di autorità, mentre la gerarchia è solo una particolare forma dell'esercizio dell'autorità. La gerarchia è un meccanismo formale di esercizio dell'autorità tipico di un sistema sociale caratterizzato da persone o uffici "superiori" e "inferiori", e quindi non "eguali". In particolare, il potere è la facoltà di ottenere un comportamento da un altro soggetto senza il suo consenso, e l'autorità è potere legittimo e riconosciuto come tale dai soggetti coinvolti. La gerarchia, in sè, non implica la condivisione del potere. Scrive a proposito Max Weber, la cui teoria dell'autorità resta ancora oggi insuperata: il potere comprende "qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte a un'opposizione, la propria volontà, quale che sia la base di questa possibilità" (1980). L'autorità, invece, consiste nella "possibilità per specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di uomini" (1980). Pertanto "ciò che differenzia il potere dall'autorità è la legittimazione" (Isotta 1996), e quindi il riconoscimento non solo del diritto di impartire ordine, ma anche "del dovere di obbedire" (Isotta 1996).
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PERCHE' SBAGLIAMO NEI CALCOLI SULLA FELICITA'?
Estratto da
Bruni L. (2006). Il prezzo della gratuità. Roma: Città Nuova Editrice



(pagg. 92-93)
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..... I beni di comfort danno stimolazioni immediate, sensazioni piacevoli di breve periodo, ma la soddisfazione che conferiscono non si protrae nel tempo. ..... questi beni hanno un'utilità che decresce fortemente con l'uso, portando subito alla noia ..... Anzi, per i beni di comfort durevoli, col passare del tempo "averli tra i piedi" è fonte di disutilità, e desiderio di comprarne di nuovi... e il ciclo ricomincia (cosa che il mercato sa molto bene).
I beni di "creatività", invece, hanno normalmente la caratteristica opposta: la loro utilità marginale è crescente, più li uso più mi arrecano benessere. Esempi classici sono i beni culturali (certa musica, lettura, teatro, ecc.); e - anche se Scitovsky non ce lo dice - i beni relazionali sono beni di questo tipo; anzi, secondo Hirschman (1996), i beni relazionali - come la "commensalità" - conferiscono al tempo stesso comfort e creatività. .....
Scitovsky sostiene che consumiamo troppi beni di comfort e pochi beni di creatività perchè le esigenze delle moderne economie, e in particolare le esigenze delle economie di scala, spingono nella direzione di rendere molto poco accessibili, o estremamenti cari, i beni di creatività, e soprattutto tendono a rimpiazzarli con beni di comfort spacciati per beni di creatività. ..... Noi consumiamo troppo comfort anche perchè questo si presenta sempre più sotto le mentite spoglie di bene di creatività, ma a costo molto più basso del bene di creatività vero.
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Immagini pubblicate in questo sito © Jeannette Rütsche - Sperya, Milano
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